Davide Cortese

di Pablo Paolo Peretti
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Cosa significa essere un poeta al giorno d’oggi.
A volte penso che significhi essere percepiti come figure anacronistiche e marginali, tuttavia la figura del poeta, che è antica come il mondo, è sempre stata necessaria alla società e continua ad esserlo.

Poeti si nasce o si diventa? Raccontaci il tuo percorso.
Non credo si possa "diventare poeti". Bisogna esser sempre stati accompagnati da uno sguardo inedito sull'esistenza. Fin da bambino mi sono interrogato sul mistero della vita e della morte. Durante l'adolescenza queste domande mi hanno angosciato e al tempo stesso guidato: ho cominciato a mettere su carta intuizioni e pensieri. Ho scritto i miei primi versi per autodeterminarmi, probabilmente, per trovare una qualche forma di identità e di salvezza.

Cosa non ti piace e ti piace della poesia in generale? Chi ti ha influenzato e a chi hai evitato di assomigliare … e perché! - Non c'è nulla che non mi piaccia...
A influenzarmi sono stati poeti molto diversi tra loro, ad esempio i poeti maledetti e i poeti della beat generation.

Devi usare 4 libri di poesia da regalare al tuo peggior nemico. Hai qualche titolo o nome di autore e perché?
Non regalerei libri al nemico, nemmeno libri brutti.

In Italia ci sono circa 4 milioni e mezzo di poeti o presunti tali… ti fa paura la concorrenza?
Nessuna paura. Penso che nell'ambito della poesia non possa esistere alcuna forma di concorrenza.

Dicono che la poesia non vende, oppure solo pochi eletti riescono ad avere una certa notorietà. Cosa ti aspetti da te ? Fama, riconoscenza oppure solo piacere di piacerti.
Non mi aspetto molto, a dire la verità. Forse solo di essere letto e che quello che scrivo possa essere significativo per il lettore.

Dove e quando scrivi? Ha un determinato orario la tua cretività o luogo dove si fa sentire ancora di più?
Scrivo in momenti sempre diversi. Non ho delle abitudini legate alla scrittura. Non mi siedo mai con l'intenzione di scrivere. Le idee arrivano inaspettate e io provo ad accoglierle ovunque mi trovi.

Quali poeti sconosciuti al grande pubblico ma notevoli che hai letto e ammirato nei social ti hanno colpito e perchè?
Nei social ho avuto modo di leggere giovani poeti contemporanei molto validi e praticamente sconosciuti al grande pubblico. Due nomi che mi vengono in mente sono Elia Belculfinè e Carmine Di Cicco.

Diceva Charles Baudelaire ”Il peggior nemico di un poeta è un poeta ”. Cosa voleva dire secondo te. Sei d’accordo?
Forse intendeva dire che il peggior nemico di ciascuno si ritrova dentro sé stessi. In questo caso mi trova d'accordo.

Perchè acquistare il tuo libro ?
Per incontrare "Zebù bambino" e indagare la nostra tenebra e la nostra luce col suo sguardo spregiudicato di monello.

Devi invitare un poeta a cena. Tra quelli ancora in vita e no, chi sceglieresti e perchè?
Inviterei senz'altro Rimbaud, perché è per me il poeta per eccellenza.

Le mie poesie

Foto: Dino Ignani

BIBLIOGRAFIA

Davide Cortese (Isola di Lipari, classe 1974) ha pubblicato la sua prima silloge poetica, “ES", nel 1998. A questo  libro sono seguite le sillogi:"Babylon Guest House", "Storie del bimbo ciliegia", "ANUDA", "OSSARIO", "MADREPERLA", "Lettere da Eldorado", "DARKANA", "VIENTU"(una raccolta di poesie in dialetto eoliano) e “Zebù bambino”, un poemetto sull’infanzia del diavolo. Nel 2015 Davide Cortese  ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia. È autore del romanzo "Tattoo Motel", di due raccolte di racconti: "Ikebana degli attimi" e "Nuova Oz", della monografia "I Morticieddi – Morti e bambini in un’antica tradizione eoliana" e della fiaba “Piccolo re di un’isola di pietra pomice”. Ha inoltre curato l’antologia-evento “YOUNG POETS * Antologia vivente di giovani poeti” al Teatro Aleph di Roma,“GIOIA – Antologia di poeti bambini” (Con fotografie di Dino Ignani) e “VOCE DEL VERBO VIVERE – Autobiografie di tredicenni”.

Respiro
e le mie narici sono i piatti della bilancia
dove in ogni istante si pesano
il mio cuore e la piuma.
Io respiro
e non c’è niente che mi scagioni
dall’accusa di essere vivo.

 

 

Sono un inquieto.
Non c’è di me
null’altro da sapere.
Mi trema dentro
un ruggito d’oro.
Splende in me
l’adolescenza del buio.

 

Mi cattura adesso
la nostalgia dei giorni blu,
di quando, tigre nello sguardo,
io fui un dio selvaggio.
Le mille dita del vento
strinsero allora i miei capelli
e sulla nudità del petto
affiorò una segreta spina:
pinna di squalo
che rese mare la pelle,
tempesta il respiro.

Tra i fiocchi di neve che cadono
ce n’è sempre uno,
non visto,
che risale il cielo.
Ogni autunno ha una foglia segreta,
che rimane salda all’albero.
C’è sempre tra gli uomini
un uomo che non muore.
Egli attende
che quelli che lo conoscevano
si siano tutti spenti.
Resta acceso
a illuminare
un’eternità che non so.

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